La data è un’indicazione precisa del tempo, dell’epoca, se non del mese e del giorno. Ma esiste spesso la data “fresca” cioè apocrifa anche se autentica perché retro-datata, cioè dietro, indietro, posteriore. Il tutto per anteporre una data anteriore a quella vera, non più veritieramente collocabile perché si arretra e quindi si “degrada”. Fredrich Nietzsche diceva che siamo quello che eravamo e la retrodatazione intenzionale dell’artista sposa senza indugio il grande filosofo; noi invece siamo quello che siamo oggi, qui e non altrove, in un altro tempo anche se fu nostro.
L’arte, si sa, è divisa tra originalità e originarietà. L’originalità è già stata fatta, la sperimentazione è già avvenuta, non riagganci l’avanguardia mentre con l’originarietà si può andare alle fonti, alla memoria, tentando di ristabilire i valori.
L’arte è in costante fuga, tocca spesso il naufragio, cammina sul rasoio tagliente e non puoi, tu artista, consolarti e ripetere quello che eri per desiderare solo consenso mentre l’arte è sempre invasa dal dissenso, è il non detto (non il già detto), è sempre un evento nascosto e straordinario che non si deve opacizzare nel rifacimento.
Si sa benissimo che basta retrodatare un’opera di un anno per dimostrare di essere stato il primo: vedi il cubismo e la lotta di poche settimane di differenza tra Braque (forse il “primo”) e Picasso il principe del cubismo.
Per non parlare delle repliche delle “piazze” e delle “muse inquietanti” di De Chirico datate e retrodatate per decenni: da anni dieci, a trenta, a quaranta, a cinquanta sino al sessanta.
Severeni ha spesso retrodatato, come forse Balla, attraverso le figlie Elica e Luce.
C’è stata un anno fa a Palazzo Magnani di Reggio Emilia una brutta mostra di De Chirico con opere raccolte da mercanti dove ogni quadro portava due date distanti tra loro.
Nel contemporaneo le opere del sessanta di Schifano sono nel tempo diventate quasi dei “multipli” dove però le date erano attribuite da altri. Anche l’arte povera ha avuto qualche pur ottimo protagonista che ha retrodatato di due o tre anni la propria opera.
Quali sono i motivi che spingono l’artista a retrodatare?
- Per essere i “primi” di quella tendenza o di quel movimento; per ottenere riconoscimento e appagamento prendendo spesso la storia dell’arte in contropiede. Per ottenere la centralità dell’opera e dell’artista che non vuole essere “servo di scena” del sistema dell’arte ma primo attore.
- Per favorire il mercato e i mercanti che ti chiedono il rifacimento e retrodatazione se non il “sempre uguale”.
- Per volutamente, “citarsi” in un periodo in cui la citazione pretestuosa e presuntuosa è stata considerata concettualmente una malattia intellettuale: la cleptomania.
D’altronde tutti gli artisti sono cleptomani.