Il ricordo della mia mostra nel 1999 alla Galleria Civica di Termoli con il ciclo “Sentinelle della pittura” mi rimanda tra gli altri, al grande quadro “Dopo, oltre l’ostacolo, l’altro recinto” del 1996.
Un quadro cupo, con steccato come fossero fucili, con un grande “volatile” imprigionato, con ali nascoste nel piombo fondale, un nero funebre perché è già forse notte per la pittura.
Ma la pittura impara da se stessa e il disagio, l’impossibile si fa energia. Sto come tornando indietro, non certo per prendere la rincorsa, né tantomeno confrontarmi, ma per provare un’altra contraddizione se non un deragliamento; per tentare segretamente di essere altro da quello che ero, per tentare di essere altrove. Quei miei steccati recinti-confini forse sono lì a testimoniare il mio confino, la mia impossibilità, il senso di essere espropriato.
È una Sentinella dal becco avvelenato, qualcosa di umano e qualcos’altro (tutto da immaginare) appartato, segreto. Ruolo di guardiano che non ha il desiderio della comunicazione. Una specie di unione di quello che eravamo (qui e altrove) e di quello che non vogliamo conoscere, forse “compagni psichici”, volatile come felino dal becco avvelenato che non vuole far parte di quella sociopatia dilagante.
Questa sentinella non chiede né simpatia né gratitudine in quanto solitaria ed isolata avverte stremata il proprio dolore. Non è né virtuosa né nuova star, anche se i media di fronte a qualcosa di “mostruoso” potrebbero interessarsi.
Concetto Pozzati 1999