Ciao Roberta

Ciao Roberta

2007

 

 

Boatto: “un uomo ha perduto la propria donna… si sente pieno di vuoto”. È un vuoto da dipingere, un vuoto che dialoga, parla perché la pittura ha una sua oralità, una sua voce, anche una sua intimità.

Ho letto con gli occhi le sue cose più personali: dalle pantofole, alle borse, ai cappelli di paglia alla sua veloce bicicletta: una collezione di oggetti che non mi ero mai accorto nella quotidianità perché appaiono solo nell’isolamento, nell’abbandono (lo spessore dell’evidenza).

È un guardaroba d’affetti, sono lettere (i quadri) che attendono Godot ma un pittore deve credere nell’invisibile.

 

Le mani accarezzano e ritoccano pom-pon rossi e superstiziosi.

 

I quadri sono morbidi, non sono luttuosi, sono luminosi perché ogni persona ha in sé un suo colore e mia moglie indossava abiti e il vestirsi, per lei, era un modo di essere: soggettivo e inteso come “seconda pelle”, come il bianco luminoso del suo portamento.

Non ho chiesto niente di spettacolare e niente di sensazionale. Ho visto e ricordato cose di ieri con gli occhi di oggi.

Le cose della propria compagna vanno dette e dipinte con pudore e col silenzio intrecciato e infetto dalla solitudine.

Esiste quindi un privato ri-trovato contro un pubblico globalizzato, un privato che la pittura custodisce.

 

I quadri pur silenziosi, producono, paradossalmente, un eco “pieno di vuoto”, una profondità intima e nascosta per potermi riparare.

Ho sempre voluto tramare, ora vorrei solo tramandare.

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