impossibile paesaggio

Mi sembra di essere un Mafai rispetto alle avanguardie, arroccato e dilaniato nel suo eros-erosione, oppure un Licini dopo aver praticato l’avanguardia, o, irrimediabilmente, mio padre un “futurista angosciato dal futuro”. Sono fuori: AUT. Posso dipingere ancora dopo la “fine” della pittura? E si può dipingere proprio nel suo momento di perdita, si può dipingere l’impossibile e, ancora “un impossibile paesaggio”, un paesaggio che sia una nota di commento possibilmente inquietante, in quanto è già inquietante, oggi dipingere un paesaggio? Ma a voi “Impossibili paesaggi” chiedo solo domande ed interrogativi che mi aiutino a durare dopo la “perdita”.

Non conosco questi paesaggi anche se dallo studio di Numana ho visto mammelle liciniane ansimare. No, non sono ricordi forse solo occasioni mancate, dimore non abitate perché furono solo descritte. Sì, non so proprio come abitare questo fienile dove le cose ritornano, i fantasmi rincontrano segni che loro stessi avevano abbandonato. Nessun ritorno, ma un veloce transito dove l’immagine, a volte, è trafitta dalla sua stessa trasparenza. Un paesaggio al di là del confine come luogo da attraversare col silenzio dell’immagine.

 

“…Sentirsi sulla terra nient’altro che un viandante, non un viaggiatore diretto ad una meta finale”. Forse Nietzsche ha ancora ragione.

 

 

Concetto Pozzati  1991