Intervista a Concetto Pozzati
Premessa:
A) Dando per fondamentale e direi scontata la qualità (e il senso) del lavoro di un artista quale motivazione sostanziale per la sua affermazione professionale, per quanto concerne il suo lavoro:
1) Quali sono i primi passi che ha percorso all’interno dell’ambiente dell’arte contemporanea?
R: Sono figlio d’arte. Mio padre, Mario, è stato un futurista “angosciato dal futuro”. Un intellettuale scomodo, un grande artista “laterale” che odiava il brigaggio e il compromesso.
Mio zio è Sepo (Severo Pozzati) scultore e pittore che nella pubblicità è stato un POP prima dei POP.
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2) Ci sono stati incontri determinanti per la sua crescita professionale e per la sua connessa visibilità?
R: Gli incontri più importanti per una crescita “professionale” sono stati, su tutti, quelli con Guidi e Fontana oltre agli amici bolognesi (da Bendini a Cuniberti). Poi Scanavino, Novelli, Tancredi, e i miei compagni di strada: da Cintoli a Schifano, da Adami ad Aricò, da Angeli a Manzoni, ecc….
La “visibilità” è avvenuta senza programmazioni, dopo chilometri di informazioni, di visite reciproche negli studi, nei dibattiti pubblici, nelle lotte per il ruolo e la dignità dell’artista . Sono stato un giovane “riottoso”.
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3) Ci sono state situazioni-chiave per l’affermazione del suo lavoro?
R: L’invito a Documenta III di Kassel nel ‘64 e la Biennale di Venezia dello stesso anno. Ci scoprimmo protagonisti, a nostra insaputa, insieme agli americani e agli inglesi.
L’antologica a Palazzo Grassi nel 1974.
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4) Dando per assodata la premessa del punto A) cos’altro può e deve fare un artista per avere successo e cosa non dovrebbe fare mai?
R: Il successo per un pittore è poter dipingere un altro quadro. Il “successo” è non accettare il sempre uguale che ti viene richiesto per ottenere sicuro “successo”.
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5) Crede che, in caso di positivi riscontri da parte del pubblico, di istruzioni degli addetti ai lavori e del mercato, si possa usare il termine “successo” anche a riguardo dell’arte, come si fa in altri casi (per esempio nel campo del cinema, dei media, del marketing, dell’imprenditoria, della politica)?
R: Lottammo per diventare professionisti come tutti gli altri professionisti.
L’arte è indicibile e creazione di differenza mentre l’imprenditoria, la politica, i media, sono dicibili e spesso indifferenziati.
L’arte non né cibo da mansire, né un elettrodomestico, né un’azienda (anche se ha bisogno di una distribuzione aziendale).
L’arte non è né conviviale, né collettiva, né amichevole.
L’arte non è uno slogan urlato al microfono.
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6) Qual è il segreto del suo successo?
R: Non farsi inscatolare e omologare. Cambiare, modificarsi e possibilmente “tramare” in quanto la pittura trama ancora e produce interrogativi.
La pittura è sempre un atto civile che inizia se non un atto solenne anche se a volte soffia la sua asma. È la pittura che richiede successo e non certo il pittore.