“Biblioteca di segni” è la mia collezione di disegni (da De Chirico a Morandi, da Grosz a Kounellis) che i miei occhi possiedono quotidianamente; allineati su più file in parete creano tra loro un corto circuito, “lingue” e “dialetti” diversi. Da loro apprendo qualcosa, quello che non so.
Il mio antico occhio “corsaro” (un occhio narra ad un altro occhio e produce un altro occhio) ripropone la rapina, la sostituzione dell’originale in originario; il materiale rapinato assume una vitalità impersonale e la cleptomania diviene una “malattia intellettuale”.
Il vedere (possedere) è investigazione e usare i “miei” disegni della collezione è una “stipulazione”, un “contratto” più che una sfida.
Manipolarli su tela, su un altro supporto o fuori scala è l’inizio del mascheramento. Le immagini ingrandite chiamano e chiasmano altre immagini dello stesso artista o per analogia o per mia calamitata rimemoria.
È una trama; teatralità del già posseduto, del già visto. E l’altro-oltre dove la “commedia” ha come titolo “uccisione” dell’originario per tentare un’originalità impossibile attraverso il travestimento.
Conciliare o cancellare la creatività usata con la propria creatività cercando attraverso l’altro me stesso.
L’opera è duale, è un binomio integrato, conflittuale, contrapposto.
Lo spazio è ancora teatrale dove una lingua-segno dato (ricevuto) si scontra e riceve l’attacco per una nuova vestizione (svelare lo svelamento).
Straniazione, sostituzione per ottenere un terzo tempo-intervallo scaturito dal conflitto o dalla finta adesione.
Non è solo “mascheramento”, né “camuffare”, o “nascondere”, o dissimulare ma un vero (doppio) travestimento se non una finzione che nasconda frammenti praticabili e rimontabili.
È alterare, rendere altro, diverso ciò che è il ricevuto per andare oltre la “crosta” dell’originario.
Si può (ancora?) ascoltare e co-rispondere reciprocamente.
Concetto Pozzati