A volte bisogna nascondere la pittura per poterla ri-presentare.
L’opera mi (ci) chiede sempre qualcosa.
Non riesco più a dimostrare l’ora del dipingere.
“Archeologia interiore”: bisogna scavare e rivoltare queste immagini.
Le mani sanno troppo.
La pittura ferita porta ad un’altra ferita.
La pittura non richiede… puntini…
La pittura mi educa ancora.
Il peccato originale, in pittura avviene ogni giorno.
Aiutare la pittura per essere aiutati.
L’arte cammina dalla parte del sacro: “la bellezza della tragedia” (Galimberti?)
IMAGOLOGIA: queste teste temono la pittura perché spesso raccolgono solo il segno.
Il mistero di una testa è sempre nel visibile ma… l’enigma è sempre un rapporto inaspettato.
Le teste resistono (ancora per quanto?) alla banalità perché le differenze tra loro sono estreme.
Che sia il caso di occuparsi del passato? Il passato è più facile da guardare.
Le teste non lasciano uscire la vita dai loro confini.
Il volto non si stacca dal reperto strappato.
Le teste hanno cessato di essere arroganti.
Le teste, queste teste, entrano nel mio calendario.
Teste dal filo spinato: reticolato di teste.
Queste teste potrebbero uscire e rientrare da un momento all’altro.
Tutte queste, tante teste, hanno bisogno di una pausa se non di un ping-pong a due.
Continuare a dare un senso a queste teste come a un dialogo di maschere differenti che rimbalzano nella circolarità del tempo e nella persistente memorizzazione.
Queste “familes”, queste tribù sanno cosa sono e da dove vengono ma odiano le persone pericolose, quelle che pretendono di saper tutto (ha i tuttologi!)
Sguardi gravi e malinconici.
Concetto Pozzati 2001