vulv’are

Vulva, vulv’are, complesso narrativo, organo genitale esterno della donna. Vagina che, nel “volgare”, si dice “fica” se non “figa”, “gnocca”, “passera”, “mona”, “berta”. L’aristocratico “fiore di carne” e “Origine del mondo” (Courbet) sono dedicati alla vulvocrazia.

Vulvocrazia è la burocrazia (femminismo) della vulva dove incontra il contrario: Fallocrazia (maschilismo).

Il dio Eros, dio dell’amore, libido, istinto, impulso, pulsione erotica.

Eros come erosione se non corrodimento.

Il guardone (guardare è possedere) vedeva, viveva con la sua pupilla spalancata e intima. Il pittore se non guarda più immagina “vulvando”, sogna pur con la pupilla spalancata perché ha paura che il sogno svanisca addormentandosi.

Tutto surreale, tutto disegnato, segnato, toccato, accarezzato… Tutto non visto ma incontrato, il fantasma è già arrivato.

Non si rappresenta “vulvando” ma è il segno che ha il suo odore e si fa sempre vulva presentativa, sempre differente, occhio che schiude torpori e calori.

Lei, quella cosa, la si pratica con la pittura e la carnosità della pittura stessa si fa vulva del desiderio, perdendosi nell’abisso rosa e tiepido. Magari avvicinandosi e perdendosi a “L’origine del mondo” del 1866.

 

 

Concetto Pozzati  2015